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LA RINASCITA
(AI NO YOKAN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 14 giugno 2007
 
di Masahiro Kobayashi, con Masahiro Kobayashi, Makiko Watanabe, Harumi Nakayama (Giappone, 2007)
 
Meritatissimo Pardo d'Oro a Locarno 2007, e unico film non dimenticabile della Competizione 2007 (assieme, ad essere generosi, alla interessante rilettura melvilliana del CAPITAINE ACHAB del francese Philippe Ramos e a LA MAISON JAUNE dell'algerino Amor Hakkar), ultimo film del 53enne giapponese fedelissimo delle sezioni parallele di Cannes prima di approdare al concorso principale con BASHING nel 2005, è di quelli che si definiscono piccoli, impegnati, intellettuali. O, ancora più sbrigativamente noiosi, come in alcuni frettolosi resoconti da parte di recensori che probabilmente avevano evitato di visionare il film.

LA RINASCITA è quasi certamente uno dei (molti) film destinati a non uscire nelle nostre sale ormai in gran parte popcorn; e ad essere visionabile soltanto alle due del mattino su una rete televisiva un po' più coraggiosa delle altre. Ma una esecuzione sommaria del genere (e nel pieno rispetto di chi si illude che il cinema popolar-sollazzevole sia ormai la sola soluzione rimasta per smuovere le masse dei bei tempi) è auspicabile sia da ascrivere allo smarrimento bulimico di chi segue i festival. In caso contrario, tanto vale decidere sin d'ora che è da liquidare come tedioso tutto un cinema che va da Bresson a Tarkovskij, da Angelopoulos a Bergman, da Antonioni a Kiarostami. Definendo spregiatamente minimalista la ripetitività quotidiana sulla quale si costruisce il nobilissimo messaggio di Kobayashi fingiamo poi naturalmente di dimenticare come questa faccia parte tradizionalmente, dalla fatica immutabile dei contadini di L'ISOLA NUDA di Kaneto Shindo per restare ai giapponesi, di tutto un cinema orientale. E se l'architettura premeditata sulla quale Masahiro Kobayashi ha costruito il suo film non possiede la facilità disincantata di certi capolavori, forse con l'umiltà di rimanere fino al termine di LA RINASCITA qualche conto in più rischiava di tornare.

Più che una ricorrenza ciclica quella del film è infatti una spirale. Una adolescente ha ucciso, per ragioni apparentemente incomprensibili, una compagna di classe. Un anno più tardi il padre della vittima e la madre dell'assassina saranno costretti a vivere uno accanto all'altra. Lui, che fa la spola fra la fonderia dove lavora e la cantina dove lei fa la cuoca. Lei, che lo incrocia negli stessi spazi ristretti, negli identici rituali ai quali sono obbligati. Soprattutto, nella stessa disperata incomprensione di un destino che li accomuna. Kobayashi filma i loro gesti, le loro situazioni, apparentemente banali, apparentemente immutabili. Apparentemente, appunto. Perché, quasi impercettibilmente, qualche dettaglio andrà modificandosi davanti ai nostri occhi: il cerchio inesorabile si trasforma in spirale. L'odio, la disperazione, l'incomprensione nei confronti di un dio eternamente assente si muta in una possibilità di perdono. E, forse, di amore.

E' questo straordinario messaggio di speranza all'interno di una meccanica inesorabile, questo grido lancinante nel rigore intransigente di una struttura esposta con feroce determinazione che LA RINASCITA acquista tutta la sua forza. Non la sua energia, che lo avrebbe ridotto ad un sapiente, eventualmente esasperante esercizio di stile. Ma il suo soffio poetico, il suo slancio morale e civile.


   Il film in Internet (Google)

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